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L’esperienza iniziatica di Rifo

Torniamo a parlare su queste pagine del musicista Jean-François Riffaud già incontrato in occasione della recensione degli Abacaxi nei quali il francese è impegnato al basso. Con un passato dedicato a installazioni e performance artistiche, Riffaud calca da dieci anni i palchi di tutta europea con le sue band Syntax Error, Electric Vocuhila, Parquet e The World no alla nascita del suo progetto solista Rifo.

Il 25 giugno 2021 è uscito per Carton Records, Betel, Ep di cinque tracce con Jean- François Riffaud impegnato tramite l’uso di chitarra elettrica, nastro magnetico ed echo nella realizzazione del suo manifesto artistico che sintetizza il modo “plastico” di intendere l’atto musicale.

La chitarra cambia aspetto venendo ltrata o modulata come nel caso della prima traccia, la lunga suite Leaf, nella quale le ripetizioni diventano la parte ritmica del brano. Il grattato della chitarra si scompone formando due linee sonore differenti

di cui una va a formare un drone di fondo mentre l’altra linea contribuisce alla scultura sonora grazie ad un gioco di rimbalzi. Suoni metallici e atonali vanno a formare un tappeto sonoro impervio e cacofonico no alla coda nale che si tramuta in un crescendo di oscillazioni industriali.

In Nut il suono si dilata, viene allungato e ltrato al ne di farne diventare un tappeto sonoro dalla materia organica e gurativa. Un continuo incedere magmatico tra feedback e rumori di fondo si evolve in un vortice sintetico con un nale ossessivo e ipnotico.

Betel si conclude sulle note morbide di Smile, un uttuare leggero di una chitarra che risuona come un violino per una narrazione poetica e sognante che ben si differenzia dalle prime tracce.

Partendo dalla ripetizione Jean-François Riffaud realizza un’esperienza iniziatica a dir poco sorprendente:la metamorfosi della chitarra in Betel lascia a bocca aperta, un processo che la rende quasi irriconoscibile con il quale Rifo si spinge verso una ricerca sonora articolata e dall’ascolto non proprio immediato.